domenica 27 maggio 2012

La Repubblica Siamo Noi! Riprendiamoci il 2 Giugno



Il 2 giugno è la festa della Repubblica, ovvero della “res publica”, di ciò che a tutte e tutti appartiene. Una festa ormai da anni espropriata alle donne e agli uomini di questo Paese e trasformata in parata militare, come se questo fosse l’unico modo di rappresentare la Repubblica. 

Ma la Repubblica siamo NOI!  
 


Le donne e gli uomini che nella propria quotidianità ed in ogni territorio lottano per riappropriarsi dei beni comuni, per un welfare universale e servizi pubblici di qualità, per la dignità del lavoro e la fine della precarietà, per il diritto alla salute e all’abitare, per l’istruzione, per una politica di pace 

Le parate militari non ci rappresentano, ci danno tristezza, non ci. rallegrano. Non festeggiano la vita e le istituzioni civili del popolo, non dimostrano amicizia verso gli altri popoli. 

Il 2 giugno è la nostra festa, la festa delle donne e degli uomini che si riconoscono nella Costituzione, che sancisce i diritti di tutte e di tutti, il diritto al lavoro, all’istruzione, alla salute…, e il ripudio della guerra. 

Troviamoci in piazza per dire che vogliamo un 2 giugno diverso
smilitarizzato, in cui fare festa come cittadine e cittadini di: 

  • un paese diverso, accogliente, fondato sul rispetto, l’ascolto e il riconoscimento reciproco tra uomini e donne, tra native/i e migranti, tra “noi” e “gli altri”; 
  • un paese in cui i/le giovani possano avere un futuro e le persone anziane una vita dignitosa e serena; 
  • un paese in cui i beni comuni - aria, acqua, terra, energia, il patrimonio storico, artistico e culturale, l'ambiente naturale, il paesaggio
 restino fuori dalla logica di mercato; 
  • un paese che sappia affrontare i conflitti, interni e internazionali, senza ricorrere all’uso della forza; 
  • un paese che investa non nelle armi e nella guerra, ma nella cultura, la scuola, la salute, l’occupazione. 

 Sabato 2 Giugno 



Como:  Lungolago Mafalda di Savoia, ore 14.30
Memoria (R)esistente 
Fano: Campo di Aviazione ore 16:00

Padova: Piazza Garibaldi ore 10:30

Roma:  Piazza della Repubblica ore 15:00 Manifestazione nazionale la Repubblica Siamo Noi dei movimenti per l'acqua.

Roma: Città dell'Altra Economia,   Largo Dino Frisullo (ex-mattatoio, Testaccio) ore 18:00 2 Giugno Festa della Repubblica Pacifista



sabato 26 maggio 2012

No alla NATO!

Mentre il 19 maggio si apriva a Chicago il Vertice dei capi di governo dei paesi NATO, protestavono le donne di molte città del mondo. In Italia, ci sono state proteste a Torino, Napoli, Fano, Verona e Bergamo.

La NATO è una alleanza militare orientata alla guerra ovunque nel mondo. La sua missione fondativa era la “difesa” della regione del Nord Atlantico: allora perché le Nazioni Unite la utilizzano come braccio armato per combattere guerre di aggressione?



Perché ha bisogno di una “Forza di Dispiegamento Rapido” in grado di far intervenire unità combattenti in tutto il mondo in pochi giorni?


Dal 1999 la NATO è passata da una strategia di difesa ad una strategia di interventi
allargata a tutto il mondo, ovunque si giudichino minacciati gli “interessi” dei paesi membri. Nel 1999 la NATO ha promosso la guerra nei Balcani, chiamandola "guerra umanitaria".



Da 10 anni sta portando avanti una guerra brutale in Afghanistan, con gli obiettivi dichiarati, evidentemente irraggiungibili, di “sconfiggere il terrorismo” e “portare la democrazia” mentre la situazione per la popolazione civile è sempre più tragica.


Nel 2011 ha condotto la guerra in Libia, ancora una volta con morti e distruzioni, senza raggiungere la proclamata intenzione di portare la pace e la democrazia.


La NATO accelera la militarizzazione del mondo e fa aumentare le spese per gli armamenti (il 75% della spesa militare mondiale è dei paesi NATO).


Le cento e più basi militari sparse sul territorio italiano, da Bolzano a Lampedusa, in alcune delle quali sono anche immagazzinate testate nucleari, costituiscono un grave pericolo per la sicurezza della popolazione, esponendola al rischio di incidenti devastanti.


Perché le donne protestano contro la NATO 
  • Le spese militari della NATO continuano a significare, anche in questo momento di crisi, meno fondi per l’istruzione, la salute e altri servizi molto necessari alle donne, che sostengono la parte maggiore del peso della vita quotidiana. Mentre il governo effettua tagli feroci sulle spese sociali, le spese militari restano sprechi inaccettabili. 
  • Con le basi e le presenze militari aumentano lo sfruttamento sessuale e la violenza contro le donne. Ad esempio le guerre nei Balcani hanno prodotto una enorme industria del sesso e traffico di donne. 
  •  Le donne soffrono di più per gli effetti della guerra. Sono loro la maggioranza delle vittime civili, le rifugiate e le sfollate. Migliaia sono prive di mezzi di sopravvivenza. 
  • Come donne, non vediamo alcun ruolo della NATO per la nostra sicurezza. La vera sicurezza deriva da negoziati pacifici e dalla composizione nonviolenta dei conflitti. 
  • Ma le donne non sono solo vittime. Possono avere e hanno un ruolo chiave nella prevenzione dei conflitti, nella riconciliazione e nella costruzione della pace. 

Anche in decine di altre città, in Italia, in Europa e negli USA, oggi protestiamo contro la NATO e le sue politiche sempre più minacciose. L’esportazione di armi, gli armamenti nucleari, le basi militari, e la sudditanza agli interessi USA sono tutti inquadrati nella NATO. 


Noi rifiutiamo che la risposta alle crisi globali e regionali sia sempre militare.
Vogliamo che le relazioni tra i popoli siano improntate a democrazia e cooperazione pacifica, per costruire un mondo più sicuro e giusto.

domenica 13 maggio 2012

La loro libertà ....il nostro dovere


Lettera mandata alle donne in nero di Bologna da Amal Khreisheh, coordinatrice della Palestinian Working Women's Society in cui ci chiede di mostrare solidarietà con i prigionieri palestinesi in sciopero della fame chiamando il nostro governo per fare pressione su Israele perché venga rispettata la legge internazionale umanitaria nel trattamento dei prigionieri palestinesi. 

Partecipiamo attualmente alla mobilitazione nazionale in supporto dei prigionieri che sono in sciopero della fame da 23 giorni. Questo è il più grande sciopero della fame della storia con oltre 2.500 prigionieri/e palestinesi che lottano per migliorare le loro condizioni in carcere e il mondo non batte ciglio.

Chiedono soltanto che venga posto fine al loro isolamento costantemente rinnovato e alla detenzione amministrativa che è considerata illegale dalla Legge Umanitaria Internazionale. Chiedono di avere accesso ai canali televisivi di intrattenimento, di avere spazi per incontrare le loro famiglie, in particolare i prigionieri provenienti da Gaza che non hanno visto per anni le loro famiglie. 

Mahmoud Issa si sta lasciando morire di fame perché è stato in isolamento per ben 10 anni. Altri due, Bilal Diab e Thaer Halahleh hanno iniziato il loro 72° giorno questa mattina perché si trovano in stato di detenzione senza accusa o processo. 

Bobby Sands è morto nel 66° giorno di sciopero della fame. 

Le autorità israeliane stanno multando gli scioperanti fino a 100 euro al giorno. Molti sono stati posti in isolamento. A molti di loro è stata tagliata la fornitura di acqua e di elettricità. A molti di loro è stato negata la possibilità di incontrare i loro avvocati. 

Questo è sicuramente la forma di protesta più non violenta immaginabile. Quante vite dovremo perdere perché ci si metta in azione? 

Vi chiediamo di dare sostegno ai prigionieri/e, di inviare una lettera al governo perché faccia pressione su Israele perché ponga fine alle atrocità contro i prigionieri palestinesi che dovrebbero essere protetti dalla Legge Umanitaria Internazionale. 

Per la libertà e la giustizia.
Rispondendo all'appello di Amal, le donne in nero hanno scritto al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio. Clicca qui per vedere la lettera.

mercoledì 9 maggio 2012

Non saremo mai liberi fino a quando non vengono liberati

Dal 17 aprile scorso oltre 2000 detenuti palestinesi, prigionieri politici, sono in sciopero della fame.
Dopo quasi 70 giorni di digiuno Bilal Diab (27 anni) di Jenin è entrato in coma, e anche Taher Halahla (33 anni) di Hebron versa in gravissime condizioni. E adesso la Corte Suprema israeliana ha respinto il loro ricorso, rifiutando di liberarli dalla detenzione amministrativa dove rimangono senza capi di accusa né processo, oggetto di prove segrete e di accuse segrete.

Insieme a loro, nelle carceri israeliane sono attualmente imprigionati 4700 palestinesi, tra cui donne e minori.

I prigionieri politici palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane chiedono:
  • Rispetto dei diritti garantiti ai detenuti dal Diritto Internazionale.
  • La sospensione del regime di detenzione amministrativa, uno stato di arresto a tempo indeterminato senza la formalizzazione dei capi di accusa e la possibilità di nominare un difensore, attualmente in vigore. Si tratta di una pratica condannata dalla Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici, dalla IV Convenzione di Ginevra e dalla Convenzione Europea sui Diritti Umani. Ci sono 320 palestinesi attualmente detenuti in detenzione amministrativa, di cui 24 membri del Consiglio legislativo palestinese.

  • Il miglioramento delle condizioni di vita e l'accesso al materiale didattico; la fine delle umiliazioni inflitte a loro e alle loro famiglie, tra cui perquisizioni corporali, irruzioni notturne nelle celle e punizioni collettive 
Palestinesi sono processati in tribunali militari mentre i coloni israeliani sono soggetti al diritto civile israeliano. Il sistema di giustizia militare usa un standard di evidenza molto basso, compreso l'uso di prove segrete e di confessioni estorte sotto tortura. Processi militari sono condotte da tre ufficiali militari,che non sono necessariamente qualificati per essere giudici.
  
L'esercito israeliano si riserva il diritto di dichiarare illegale qualsiasi organizzazione palestinese e quindi membri di molti partiti politici, sindacati e organizzazioni di donne sono stati processati nei tribunali militari israeliani. I regolamenti militari che regolano molti aspetti della vita palestinese possono essere modificati in qualsiasi momento da un ordine emesso dal comandante militare israeliano della zona.
 

Per manifestare solidarietà con la lotta dei prigionieri politici palestinesi, come forma attiva di resistenza all’occupazione militare israeliana e denuncia della politica di apartheid del governo israeliano, la Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese entra oggi in sciopero della fame. Lo sciopero della fame è stato lanciato srotolando uno striscione davanti al Colosseo oggi a Roma, azione nel corso della quale sono stati distribuiti volantini informativi. 

Allo sciopero della fame hanno dato la propria adesione anche Moni Ovadia (attore, scrittore e regista), Luisa Morgantini (già Vice Presidente del Parlamento Europeo), Giovanni Franzoni (teologo, scrittore, animatore della Comunità Cristiana di Base S.Paolo di Roma) e il sen. Vincenzo Vita (Pd). Gli/le attivisti/e della Rete Romana saranno in presidio a via dei Fori Imperiali (nei pressi della fermata metro B Colosseo) da domenica 6 maggio a venerdì 11 maggio (h 10 -20). 


Agite ora- inviate lettere alle autorità israeliane per esprimere la vostra indignazione, chiedendo la piena attuazione delle richieste dei detenuti.

venerdì 4 maggio 2012

Spending Review - Prendi Posizione!

Palazzo Chigi ha dedicato un’apposita sezione del sito alla spending review, inserendo la possibilità di compilare il format
 “Esprimi la tua opinione”

con il quale si possono dare suggerimenti e segnalare gli sprechi della pubblica amministrazione.

Non facciamo cadere nel vuoto questa opportunità!


Vai sul sito del governo (www.governo.it/scrivia/RedWeb_Form.htm), compila gli spazi con i tuoi dati ,e dopo aver messo come oggetto Come usare la spesa pubblica inserisci nel campo per le indicazioni il seguente testo: 

Propongo di applicare le proposte della Campagna Sbilanciamoci! (www.sbilanciamoci.org) per la riduzione della spesa pubblica: 

  • Riduzione del 20% delle spese per la Difesa 
  • Cancellazione del programma di acquisizione e costruzione dei cacciabombardieri F35 
  • Cancellazione dei fondi alle scuole private e del buono scuola 
  • Cancellazione dei programmi di stanziamento per le grandi opere, in particolare il ponte di Messina 
  • Cancellazione dei finanziamenti per i Centri di Identificazione e Espulsione – CIE – 
  • Cancellazione del finanziamento all’autotrasporto merci 

Inoltre suggerisco il ritiro dell'Italia dalla NATO e Il disimpegno delle nostre truppe da tutte le guerre falsamente dichiarate come missioni di pace.