venerdì 18 ottobre 2013

Proterajmo Rat Iz Istorije: Fuori la Guerra dalla Storia

Questo mese, le Donne in Nero di Bergamo hanno organizzato una serie di riunioni di due delle Donne in Nero del ex-Jugoslavia, Stasa Zajovic e Rada Zarkovic.

Stasa è una delle fondatrici delle Donne in Nero di Belgrado. Ha pubblicato molti testi che riguardano la resistenza delle donne, la lotta pacifista, il femminismo e l’antimilitarismo non soltanto in Serbia.

Rada è Bosniaca di Mostar che durante la guerra ha dovuto lasciare la sua città ed è stata profuga a Belgrado. Qui ha conosciuto le Donne in Nero e si è subito impegnata diventando un'attivista molto amata. Ha lavorato molto con le profughe realizzando il bellissimo libro “Mi ricordo!”. È stata anche animatrice dei "Laboratori itineranti di pace" attraverso la Serbia. Dal 2000 è tornata in Bosnia dove, a Bratunac, ha dato vita alla cooperativa "Insieme" per la coltivazione e commercializzazione di piccoli frutti. Vive a Sarajevo, ma viaggia moltissimo perché ormai la sua cooperativa è un simbolo vivo di pace.

Il 13 Ottobre a Milano, hanno participato a un dibattito pubblico sul tema della pace in tempo della crisi economica globale. Qui riportiamo un sunto del dibattito.

Femminismo e Antimilitarismo

E' importante riuscire a connettere il militarismo con la vita delle donne, con la quotidianità. Noi, ad esempio, - dice Stasa - quando abbiamo fatto la Campagna per l'obiezione di coscienza abbiamo visto che la maggioranza di chi firmava erano donne di oltre 50 anni, perchè sono quelle che si rendono conto di più delle conseguenze del militarismo sulle loro vite di donne e madri di maschi. Hanno contattato anche donne di destra che si sono avvicinate perché anche loro hanno pagato. 


Il militarismo istituzionale è quello più facile da individuare, bisogna svelare il militarismo sociale e culturale, non è una questione di divisa, è una struttura culturale; abbiamo fatto tanti seminari su questo, con i giovani non è facile ma neanche con alcune donne. 
Ci sono alcune femministe che non vedono il male neoliberista, ma non c'è solo il conflitto fra i sessi, c'è altro, il conflitto di classe, “etnico”; c'è un sistema neoliberista che lavora contro tutti ed è molto pericoloso. Le donne che non vedono questo, tradiscono le femministe di base, si omologano alla logica della 1325, mentre noi siamo disobbedienti dappertutto. 

La Risoluzione 1325 era stata una conquista delle donne, ma ora è uno strumento militarizzato, gestito dai generali della NATO. 

Le donne giovani vanno e vengono, alcune vogliono fare carriera accademica, altre sono disperate. Anche noi abbiamo contatti e trattative continue: non sanno cosa fare, cerchiamo di contaminarle. La solidarietà tra donne è un condividere le conoscenze, generare conoscenza reciproca, imparare le une dalle altre. Molte donne accademiche stanno con noi perchè dicono che imparano. La solidarietà nasce se c'è una relazione reciproca, un rapporto simmetrico come quello che c’è tra di noi: se non c'è reciprocità, allora è carità. 




Tribunale dell'Aja

Il Tribunale Internazionale per i crimini di guerra in ex Jugoslavia dell'Aia è stato importante perché, se non ci fosse stato, nessuno sarebbe stato condannato. Un altro merito è quello di avere ottenuto il riconoscimento per la prima volta dello stupro come crimine di guerra, grazie alla pressione delle donne, per questo è importante l'internazionalismo delle donne.

Un grande errore invece dell'Aja è stato quello di avere lasciato morire Milosevic senza sentenza, sono morti entrambi, Milosevic e Tuđman, senza condanna per crimini di guerra – c’era il tempo per farlo. Questo obiettivo era importante per noi, faceva parte della nostra lotta contro l'impunità. Tutti devono essere condannati per i crimini commessi, Serbia, Croazia, ma anche Srati Uniti e la NATO; responsabilità non solo individuale, anche politica.

 A causa di questa non condanna, sono andati al potere in Serbia i politici che prima stavano con Milosevic e Seselj. Le sentenze successive poi hanno assolto in secondo grado i generali che sono stati liberati, non solo croati, come Gotovina, ma anche quelli di Kosovo e Serbia, 6 sentenze preoccupanti non solo per i Balcani, ma anche per tutto il mondo: hanno messo in libertà dei criminali, le prove c'erano ma è cambiata l'interpretazione.

Assistiamo ad una militarizzazione del diritto internazionale: d’ora in poi nessun esercito può essere condannato per crimini di guerra. E’ un cambiamento è stato molto grave perché vuol dire che non c'è nessuna responsabilità degli Stati. Possono essere condannati gli esecutori, i crimini individuali, ma non il livello di comando degli Stati. Questo è molto pericoloso perché falsifica la storia. La Serbia ha fatto una guerra di aggressione alla Bosnia, se nessuno viene condannato, chi ha fatto la guerra?

Noi sappiamo che la guerra in Bosnia non è stata una guerra civile, ma vi è stata un'aggressione, ma nessuno Stato viene condannato per questo. Ora si scarica tutto su Mladic e Karadzic, nessuna condanna per gli stati aggressori. La logica della realpolitik prevede che Serbia e Croazia non vengano condannate per poter entrare in Europa. Questo tocca non solo gli Stati balcanici ma tutto il mondo perché significa totale impunità per gli Stati.

Ma qual è il vero scopo delle guerre? Gli Stati usano la guerra per smontare lo stato sociale, ridistribuire le ricchezze, svuotare le istituzioni democratiche, poi usano la propaganda per manipolare e accreditare una versione accettabile. In realtà la struttura della guerra è collegata alla struttura globale neoliberista.

Tribunale delle Donne


Il Tribunale delle donne non vuole essere una copia del Tribunale dell'Aia. Cerchiamo modelli alternativi di giustizia. Vanno individuati nuovi crimini e vanno introdotti nel diritto internazionale. Bisogna creare spazio per testimonianze delle donne su crimini dimenticati, non riconosciuti. Le donne testimoni con cui lavoriamo hanno dato fiducia e depositato le loro testimonianze all'Aja, ma sono stanche di essere viste come vittime di guerra, dicono che per loro è importante denunciare, mostrare il continuum della violenza nel pre-guerra, nella guerra, nel post guerra e anche le condizioni economiche delle donne come conseguenza della guerra e della violenza.

C’è una connessione povertà – guerra: la struttura dei nuovi stati etnici rientra nel sistema neoliberista globalizzato. Per ora abbiamo 30 possibili testimoni. Le donne della ex Jugoslavia (7 stati) hanno piena autonomia di giudizio, non vogliono essere oggetto dei Tribunali, vogliono essere soggetti di una nuova giustizia alternativa.

Lo Stato-nazione è un crimine contro la popolazione civile. Al di là dell'ingresso o meno in Europa, gli Stati balcanici ora sono stati etnici dove la maggioranza ha benefici e potere. All’Aja non sono stati riconosciuti i crimini etnici: i cambiamenti forzati di identità, gli spostamenti forzati ecc. C’è un lavoro politico imponente da fare per definire nuovi crimini. Le donne di Srebrenica sono accanto alle madri serbe i cui figli sono stati ammazzati nelle basi militari dove era nascosto Mladic per averlo visto: il fatto di aver nascosto per 16 anni Mladic, è stato duramente pagato dalla popolazione serba.

Per quanto riguarda il luogo del Tribunale delle donne dobbiamo decidere: Sarajevo simbolo della sofferenza o Belgrado simbolo della responsabilità. Non c'è molto tempo, le testimoni vanno via, non sono rimaste in tante. Bisogna fare presto. Molte donne sono ancora mute, non osano parlare. Forse c'è un meccanismo di autodifesa, è troppo doloroso, si sceglie di non parlare. Costa molto loro mostrare l'intimità, le conseguenze sulla salute, sullo stato economico e sociale. Una donna ha detto: “Non voglio più testimoniare, non voglio rivoltare le ossa dei miei morti”.

Ci siamo anche chieste perché molte donne nostre attiviste si sottraggono alla testimonianza. Alcune hanno deciso di prendersi cura delle altre, non di loro stesse. Si deve anche considerare che sono morte molte nostre attiviste, alcuni figli sono diventati tossici. C'è stato un crollo anche nel movimento perché costa molta fatica e dolore, da anni assorbiamo il dolore degli altri. E’ un percorso impegnativo, un lavoro capillare, orizzontale, molto emozionante come femministe.

Molte donne sono nazionaliste, bisogna lavorare molto e con delicatezza. Noi pensiamo che le donne testimoni al Tribunale dovranno avere una formazione politica, facciamo circoli di discussione, queste donne partecipano, devono leggere, discutere testi e saggi. Per la formazione psicologica confidiamo su alcune attiviste che hanno un'esperienza terapeutica. In Serbia non è stato istituito neanche un Centro o una clinica per 700.000 reduci con sindrome post-traumatica, molti uomini sono diventati tossici, alcolizzati o pazzi, e questo lo pagano le donne senza contare che l'economia è in gran parte sulle loro spalle.


Per il Tribunale non abbiamo un modello da seguire, è da inventare e servono anche fondi per sostenerlo. Le Coordinatrici stanno lavorando da tempo. A differenza delle altre forme di Tribunale, vogliamo portare testimonianze, portare voci di verità su cosa fanno gli Stati, vogliamo andare oltre la giustizia ordinaria, vogliamo fare pressione sulla giustizia ordinaria perché c'è rimozione, nessuno vuole più parlare dei crimini di guerra.

E' una bella sfida.



Nessun commento:

Posta un commento