lunedì 29 aprile 2013

Gaza's Ark - Costruendo Speranza

Gaza's Ark (Arca di Gaza) è un progetto di sostegno ai palestinesi. L'obiettivo è quello di costruire una nave che trasporterà prodotti palestinesi verso il mondo.

Arca di Gaza sfiderà il blocco ingiusto di Gaza aiutando i palestinesi a raggiungere il loro diritto a vivere con dignità, ma è necessario il nostro sostegno.


Il blocco che è stato in pieno effetto dal 2007 punisce l'intera popolazione di 1,5 milioni palestinesi nella striscia di Gaza, in violazione del diritto internazionale umanitario.



Il blocco di Gaza viola una serie di diritti umani fondamentali, compreso il diritto alla vita, alla salute, all'educazione, al cibo, all'acqua, a un alloggio adeguato.

A causa del blocco, Gaza, un tempo un centro economico della Palestina occupata è diventata un luogo dove oltre il 70% della popolazione morirebbe di fame senza aiuti internazionali.

A causa del blocco, una generazione di bambini soffrono di malnutrizione, ritardo di crescita e anemia, oltre al trauma psicologico sostenuto a seguito di attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza.

A causa del blocco, l'unica fonte di acqua potabile a Gaza è diventata troppo pericolosa da bere. L'acqua è contaminata da fertilizzanti e rifiuti umani.

A causa del blocco, il 34% della forza lavoro di Gaza, - fra i giovani 50% - è disoccupato.

 Arca di Gaza è la nuova fase del movimento internazionale per sfidare il blocco di Gaza. E sarà una sfida  nella tradizione della Freedom Flotilla, ma invece di navi cariche di aiuti per il popolo assediato della Striscia di Gaza, l'Arca di Gaza sarà carica di prodotti palestinesi e salperà da Gaza contro il blocco.

Il popolo palestinese ha detto molte volte di non volere aiuti. Vogliono la libertà.

Arca di Gaza romperà il blocco israeliano in un modo diverso. Aiuterà l'economia di Gaza palestinese esportando prodotti palestinesi, e quindi darà speranza a Gaza.

 Per più di sei anni, governi e istituzioni internazionali non sono riusciti ad affrontare la palese violazione del diritto internazionale. Ora tocca alla società civile di mostrare al popolo palestinese che non sono soli.


martedì 23 aprile 2013

Restistenza, Giustizia e Diritti


Per l'introduzione del reato nel codice penale italiano

Nessuna circostanza eccezionale, quale che essa sia, che si tratti di stato di guerra o di minaccia di guerra. di instabilità politica interna o di qualsiasi altro stato di eccezione, può essere invocata per giustificare la tortura.

Nessuno Stato Parte espellerà, respingerà o estraderà una persona verso un altro Stato nel quale vi siano seri motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta alla tortura.

Dalla Convenzione delle Nazione Unite Contro La Tortura

Il 25 aprile, festa della Liberazione dal nazifascismo, ci fa rivivere la Resistenza: quella data ha segnato la fine della guerra in Italia e nello stesso tempo ha riaperto la possibilità per tutte e tutti di pensare di avere dei diritti e di poterli esercitare. Noi Donne in Nero, antimilitariste e nonviolente, partecipiamo sempre con convinzione e consapevolezza di ciò che ha significato: la chiusura di una fase con cui dire mai più guerra, mai più orrori, mai più negazioni della dignità umana; per costruire un nuovo modo di stare al mondo.

In tutti questi decenni qualcosa si è fatto: sia nella legislazione italiana che in convenzioni e trattati internazionali sottoscritti da molti paesi (e anche dal nostro!) sono stati riconosciuti molti diritti individuali e collettivi. Proprio per questo ci è parso gravissimo che il Presidente della Repubblica, alla fine del suo mandato, abbia concesso la grazia all'ufficiale statunitense Joseph Romano, condannato a cinque anni per il rapimento dell'imam Abu Omar, avvenuto a Milano nel febbraio 2003.

Perché ne siamo indignate?

Abu Omar venne sequestrato in circostanze misteriose e dopo mesi si seppe che era stato portato al Cairo e torturato. La magistratura italiana ricostruì che si era trattato di una “extraordinary rendition”: sparizione forzata di una persona e suo invio in un paese in cui si possono verificare episodi di tortura, e si sono verificati.

Chi l'aveva attuata?

Agenti della Cia insieme con agenti dei servizi segreti italiani. Il processo, per quanto ostacolato dai governi che si sono succeduti, ha portato a incriminazioni e arresti e infine alla condanna dei 23 agenti della Cia, dell'ufficiale J. Romano, del numero 3 del Sismi Marco Mancini e del generale Niccolò Pollari, all'epoca responsabile dei nostri servizi segreti militari.

Lo Statuto della Corte Penale Internazionale, cui l'Italia ha aderito, include fra i crimini contro l'umanità la “sparizione forzata di persone” ed esclude che i responsabili possano invocare qualsiasi forma di immunità. E quindi, secondo noi, tanto meno in questi casi può essere accordata la grazia.

Il trattato internazionale che condanna la tortura è stato sottoscritto dall'Italia nel 1989 e da allora nessun Parlamento italiano ha prodotto una legge che riconosca la tortura come reato. Per stabilire la giustizia è attualmente in corso la raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare: “per quello che non doveva succedere, per quello che non è ancora successo, perché non accada mai più”.

Quindi c'è ancora molto da fare per costruire quel mondo di giustizia, di pace, di rispetto dei diritti umani, di solidarietà e convivenza civile: quella visione e quella promessa che il 25 aprile ci ricorda ogni anno.

lunedì 22 aprile 2013

Per un paese libero da paure, guerre e violenze


Attualmente all'Avana, sono in corso negoziati tra il governo della Colombia e las Forze armate rivoluzionarie della Colombia, cercando di mettere fine al conflitto armato che ha lacerato il paese per più di 50 anni.

Il 9 aprile, centinaia di migliaia di colombiani hanno manifestato a sostegno delle trattative con lo slogan "Somos más, ahora sí la paz". Circa 2000 donne della Ruta Pacifica si sono mobilitate in tutto il paese. Pubblichiamo il comunicato che hanno rilasciato dopo la manifestazione.

Bogotá, 10 aprile 2013.
Con grande allegria e convinte che la pace la costruiamo tra tutte e tutti, circa 2000 donne della Ruta Pacifica si sono mobilitate in tutto il paese unendosi ieri, 9 aprile, alla Marcia per la Pace, la democrazia e la difesa del pubblico, convocata dalla società civile. Da Puerto Caicedo – Putumayo –, fino a Cartagena – Bolívar, le donne Ruta sono state presenti ed hanno partecipato convinte che “la pace senza le donne non va!”.
Il sostegno della società civile al processo di negoziazione è stato massiccio e per questo, noi donne Ruta, che facciamo parte di Mujeres por la Paz riaffermiamo i nostri propositi:
  • Esigiamo dalle parti la volontà politica di non alzarsi dal Tavolo di Negoziazione fin quando non abbiano firmato l’impegno di porre fine al conflitto armato e costruire la pace.
  • Invitiamo tutto il popolo colombiano: donne, giovani, contadini/e, afrodiscendenti, indigeni/e ecc. ad assumere l’impregno a costruire la pace e “arropar”, proteggere e accompagnare il processo di dialogo che si sta sviluppando alll’Avana per giungere all’Accordo per porre fine al Conflitto Armato.
  • Esigiamo il cessate il fuoco bilaterale, riteniamo infatti che il dialogo necessiti di condizioni ed una condizione fondamentale è garantire che non ci siano nuove vittime.
  • Facciamo un appello affinché si invitino al dialogo anche le “insurgencias” del ELN e del EPL.

Per un paese libero da paure, guerre e violenze

La data della manifestazione è significativa. La legge delle vittime colombiani, approvata nel 2011, ha stabilito il 9 aprile come Giornata Nazionale della Memoria e della solidarietà con le vittime - una giornata per guardare indietro, per essere consapevoli e per non dimenticare il dolore e la morte che il conflitto ha causato. Rapimenti, uccisioni, sfollamento sono alcune delle realtà che le colombiane ed i colombiani hanno vissuto nel corso degli ultimi anni.

Nelle parole di Juan Manuel Santos, presidente della Colombia "Il migliore omaggio che possiamo rendere alle vittime è quello di costruire un futuro senza vittime. Questo significa che si finisce il conflitto."

Speriamo che sia sincero, e raccomandiamo ai nostri leader a prendere a cuore queste parole.

Alla fine della seconda guerra mondiale, la profonda conoscenza delle conseguenze della guerra ha portato l'Italia ad adottare una Costituzione che ripudia la guerra.

Ma ora siamo in guerra e ci stiamo preparando per altre guerre con le spese militari sempre in aumento. La nostra economia si basa sulla guerra come mezzo di controllo delle risorse e come mercato per la nostra industria bellica.

Rendiamo omaggio a tutte le vittime costruendo la pace, con  un'economia basata sulla cooperazione e la solidarietà, in cui le nostre risorse materiali ed intellettuali sono dirette verso la creazione, piuttosto che la distruzione.



Fermiamo la Guerra! Costruiamo la Pace!

domenica 14 aprile 2013

Mentre loro sono imprigionati, non possiamo essere liberi



Ascoltate la mia voce, la voce dei nostri tempi, nonché la vostra voce! 
Liberate voi stessi dell’eccesso avido di potere! 
Non rimanete prigionieri dei campi militari e delle sbarre di ferro che hanno serrato le vostre menti! 

Samer Issawi è uno dei 4812 palestinesi attualmente detenuti nelle carceri israeliane. E'  in sciopero della fame dal luglio dell'anno scorso.

Dal 1967 circa 700.000 palestinesi sono stati imprigionati dallo stato israeliano. Sono stati maltrattati, tenuti in isolamento, negati trattamento  medico, negati le visite delle loro familie, torturati. Alcuni sono bambini. Alcuni sono detenuti senza processo o accusa. Ogni prigioniero rappresenta un crimine di guerra commesso da Israele.

Samer Issawi rivolge la sua lettera a intellettuali israeliani, ma in realtà si rivolge a tutti noi. Anni di abuso sono passati accompagnati da un silenzio assordante dal mondo. I nostri leader hanno formato alleanze economiche e militari con Israele e garantito la sua impunità.

Il 17 aprile è la Giornata dei Prigionieri palestinesi, un giorno di solidarietà e proteste nonviolente di massa in tutti i Territori palestinesi, un giorno di mobilitazione anche per tutte le persone che vogliono far sentire la voce dei detenuti nelle carceri israeliane e chiedere per loro rispetto e dignità, giustizia e libertà. 

Sono in programma iniziative a Roma, Bologna, Torino, Napoli, Milano, e Padova

Dalla finestra della mia piccola cella 
io posso veder gli alberi sorridermi,
i tetti riempiti dalla mia gente, 
finestre che piangono e pregano per me. 
Dalla finestra della mia piccola cella,
 io posso vedere la vostra cella più grande 

Samih Al-Qasim, poeta palestinese